martedì 30 settembre 2014
Un complotto dietro la vicenda giudiziaria di De Magistris?
Passa all'attacco il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, pubblicando oggi l'intercettazione di una telefonata mandata in onda nel 2007 da Anno Zero, in cui si minacciano ripercussioni sul piano professionale (e personale) a seguito delle indagini che stava portando avanti per "Why Not".(continua)
lunedì 29 settembre 2014
domenica 28 settembre 2014
sabato 27 settembre 2014
venerdì 26 settembre 2014
giovedì 25 settembre 2014
mercoledì 24 settembre 2014
martedì 23 settembre 2014
lunedì 22 settembre 2014
domenica 21 settembre 2014
venerdì 19 settembre 2014
giovedì 18 settembre 2014
mercoledì 17 settembre 2014
martedì 16 settembre 2014
lunedì 15 settembre 2014
domenica 14 settembre 2014
Garibaldi e l’appalto per la rete ferroviaria nel Sud, lo scandalo che investì la spedizione dei Mille
Questo articolo è comparso sul giornale La Sicilia il 1 agosto del 2010 a firma di
UCCIO BARONE
Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di
Catania e raccoonta di un male atavico di questo paese...Non che non lo sapessimo eh..
L'articolo è lunghetto ma vale la pena leggerlo tutto..
Affari e politica è un tema di grande attualità nelle democrazie contemporanee. Anche il Risorgimento italiano ha una sua storia segreta di interessi economici, di pressioni lobbistiche e talvolta di tangenti che hanno caratterizzato le vicende dell’unificazione nazionale. Pochi sanno che in Sicilia, durante la fase cruciale della spedizione dei Mille, si è svolta una guerra sotto traccia tra potenti gruppi finanziari internazionali attorno al ghiotto appalto delle ferrovie del Mezzogiorno. Le ferrovie sono il grande affare del secolo XIX, simbolo del progresso tecnologico e del capitalismo industriale, snodo cruciale di forti investimenti e di speculazioni finanziarie, di scontri ed accordi tra imprese multinazionali che hanno finito per condizionare le scelte politiche degli Stati e dei governi, favorendo l’intreccio tra banche, industrie e classe politica. I Borboni avevano inaugurato nel 1839 la prima ferrovia della penisola, la Napoli-Portici di 7 Km, ma quella linea voluta da Ferdinando II per portare al mare la famiglia reale era anche rimasta l’unica del Regno delle Due Sicilie, mentre il Piemonte di Cavour e la stessa Lombardia austriaca si riempivano in quegli anni di una fitta maglia di collegamenti ferroviari, marittimi e stradali.
Non a caso, uno dei principali motivi di opposizione
politica ai Borboni in Sicilia dopo il 1848 fu legato all’assenza di
qualsiasi progetto di sviluppo delle infrastrutture. La rivoluzione
commerciale e l’ampliamento dei mercati nei decenni centrali
dell’Ottocento avevano favorito il decollo di nuovi settori
produttivi legati all’esportazione - lo zolfo, il vino, gli agrumi –
che però richiedevano nell’isola un più moderno sistema di
comunicazioni. Solo in extremis, nel tardivo proposito di
riguadagnare il consenso perduto, la monarchia borbonica decide di
correre ai ripari e nell’agosto del 1860 (mentre Garibaldi sta
varcando lo stretto di Messina per risalire il continente fino a
Napoli) Francesco II sottoscrive la concessione di tutte le linee
ferroviarie da costruire nel Regno all’ingegnere Paolino Talabot,
uomo di fiducia dei Rothschild, alla guida di una vasta cordata mprenditoriale
(Blunt, Brancy, Parent, Galliera, ecc.) che rappresentava il Gotha
della finanza europea. La decisione del timido ed irresoluto
Francesco II arriva però troppo tardi, perché Garibaldi appena
entrato a Palermo ha già messo le mani sul più grosso affare
economico della spedizione dei Mille.
Nel mese di giugno infatti,
erano sbarcati nell’isola i banchieri toscani Pietro Adami ed
Adriano Lemmi, che in cambio dei finanziamenti sottobanco erogati
per l’esercito garibaldino chiedevano ora in esclusiva la
costruzione della rete ferroviaria siciliana. Le pretese dei due
uomini d’affari aumentano dopo l’ingresso trionfale di Garibaldi a
Napoli, che il 25 settembre nella reggia di Caserta firma il decreto
di concessione dell’intera rete ferroviaria del Mezzogiorno; in
cambio i due "banchieri rossi" offrono ai dirigenti politici del
Partito ’Azione (in quel momento insediati nei governi dittatoriali
provvisori di Palermo e Napoli) piena libertà nell’assunzione del
personale tecnico e della manodopera. Un affare davvero colossale,
un appalto da centinaia di milioni di lire (al valore attuale 5/6
miliardi di euro) assegnato per semplice decreto, senza un voto del
Parlamento, in virtù dei poteri dittatoriali di Garibaldi. Una
mega-commessa, da fare impallidire oggi la Protezione Civile di
Bertolaso. Ma chi erano gli uomini a cui viene affidata la
costruzione delle ferrovie del’ex-Regno? Pietro Adami era un
esponente del Partito d’Azione, già ministro dei Lavori pubblici nel
governo provvisorio toscano del 1848. Adriano Lemmi, democratico e
massone, era intimo amico di Mazzini che lo descrive come "devoto
alla Causa, impulsivo, liberale ed egoista a turno. Può darsi che
talvolta i suoi atti siano perversi, ma lui non lo è". Entrambi
gestiscono in società una florida casa bancaria a Livorno, e nel
1860 con ’annessione dell’ex-Granducato al Piemonte hanno ottenuto
la costruzione e l’esercizio di alcune ferrovie tosco-emiliane e
nelle Marche.
Mediatore discreto ma influente tra i due e Garibaldi
è un altro toscano, Antonino Mordini, nominato nel frattempo
Prodittatore in Sicilia; l’accordo è comunque condiviso da tutto il
gruppo dirigente del Partito d’Azione, da Crispi a Bixio, da Bertani
a Cattaneo, con l’obiettivo di coniugare democrazia, laicismo e
sviluppo economico. In quell’infuocata estate del 1860, dunque, la
Sinistra militare e mazziniana si trova al centro di grandi
interessi economici e con le sue scelte tendeva ad emarginare la
presenza dell’alta finanza europea legata ai Rothschild. L’affare
era però troppo grosso perché tutto filasse liscio. Nel mese di
ottobre si scatena così l’offensiva politico-giornalistica dei
liberali cavouriani, e da Napoli e Torino parte il fuoco incrociato
contro il decreto garibaldino del 25 settembre. Ruggero Bonghi muove
accuse pesanti contro la convenzione, sfacciatamente favorevole agli
esercenti che avrebbero intascato profitti da capogiro, mentre Carlo
Poerio sostiene che nessuna Camera avrebbe mai potuto ratificare una
convenzione così scandalosa. Invano Carlo Cattaneo sul "Politecnico"
tenta di sostenere le ragioni della concessione al gruppo
Adami-Lemmi, dal momento che la polemica esplode nei giorni in cui
si celebra il plebiscito per l’annessione dell’ex- Regno borbonico e
lo stesso Cavour soffia sul fuoco per stringere in angolo
l’opposizione di sinistra. La Destra storica non esita perciò a
sollevare la questione morale. Sul giornale torinese "L’Espero"
Agostino Bertani (braccio operativo di Garibaldi nella raccolta dei
fondi e delle sottoscrizioni per i Mille) viene indicato come
destinatario di una tangente di 4 milioni di lire (60 milioni di
euro, oggi) per l’"affaire" delle ferrovie meridionali. Scoppia il
putiferio, scattano querele e controquerele, il direttore del
giornale viene condannato, ma nuove accuse sulla stampa provano che
Adami e Lemmi hanno impiegato "fondi neri" per finanziare diecine di
giornali a Palermo e a Napoli nell’estate- autunno del 1860. Lo
scandalo dilaga, il Partito d’Azione rischia di perdere consenso e
legittimazione politica alla vigilia delle prime elezioni del
Parlamento nazionale (gennaio 1861).
Occorre perciò correre ai
ripari, bloccare subito lo stillicidio quotidiano di rivelazioni e
propalazioni (come oggi?). Si cerca e si trova un compromesso
politico, anche perché Cavour ha intanto riallacciato i rapporti con
i Rothschild per "ripescare" il programma ferroviario dei Borboni.
Del resto l’alta finanza internazionale non si fa scrupoli di sorta,
gli affari si possono negoziare con Francesco II o con Vittorio
Emanuele II, purchè vadano in porto. A differenza della Sinistra
mazziniana e garibaldina, che in questo caso sembra difendere gli
interessi della massoneria e del nascente capitalismo italiano, i
liberalmoderati cavouriani esprimono piena continuità con i gruppi
finanziari già sostenuti dai Borboni. Nell’archivio riservato di
Carlo Cattaneo si conservano i documenti che ratificano l’accordo
finale tra i gruppi rivali. Adami e Lemmi cedono così alla cordata
Talabot le linee pugliesi e calabresi in cambio dell’impegno
politico del governo di Torino a far votare in Parlamento la
convenzione. Tutto fila ora liscio, e un mese dopo la proclamazione
ufficiale del Regno d’Italia (marzo 1861) il grande "affaire" delle
ferrovie del Mezzogiorno viene sanzionato per legge. L’anno dopo la
società Adami-Lemmi si scioglie per confluire nella nuova compagnia
"Vittorio Emanuele" di Charles Lafitte che rileverà l’intero
progetto originario ed avvierà la costruzione delle prime linee
ferroviarie dell’Italia meridionale.
L’ingegnere Talabot è
l’immancabile socio di Lafitte, e dunque sono ancora i Rothschild i
veri vincitori della partita, mentre Garibaldi si è ritirato a
Caprera e medita di riprendere la via militare per la liberazione di
Roma. I manuali di storia, tuttavia, tacciono su queste vicende
preferendo una più patinata e asettica celebrazione di un
Risorgimento senza interessi e senza economia: un vuoto mito
romantico che non serve a comprendere la formazione dello Stato
unitario. A qualche accademico illustre piace difendere questa
versione edulcorata di Garibaldi, nell’estatica contemplazione del
mito. Noi preferiamo battere altre strade, quelle della ricerca e
dell’interpretazione critica e senza ipocrisie della nostra "vera"
storia nazionale.
sabato 13 settembre 2014
venerdì 12 settembre 2014
giovedì 11 settembre 2014
mercoledì 10 settembre 2014
martedì 9 settembre 2014
lunedì 8 settembre 2014
Torino:54mila auto senza assicurazione
A Torino circolano circa 54mila auto prive di assicurazione. A Napoli tale motivo viene addottoa ragione per tarife RC auto care per tutti. Più che altro care per gli onesti. Circa il doppio di quanto sinoaga a Torino.
Perchè?
Lo scorso gennaio La Stampa scriveva:
Ci sono 54mila mezzi fantasma che circolano per le strade della città. Questo, secondo una stima di Aci Torino, è il numero di auto, moto, camion, autobus che viaggiano senza l’assicurazione obbligatoria per legge. Un vero e proprio esercito di furbetti della Rc Auto, che invece è sempre da pagare a meno che la vettura non resti perennemente ferma in garage.
Mine vaganti, costose per sé (chi viene pizzicato senza copertura assicurativa va incontro a multe salate e al sequestro del mezzo) e per gli altri (in pratica il danneggiamento dell’auto in seguito a un incidente con un mezzo fantasma viene difficilmente risarcito). Spiega Eugenio Roman direttore dell’Aci di Torino: «Ragionando meramente sui numeri e applicando la stima nazionale dell’8% di auto che circolano non coperte da assicurazione al totale dei veicoli nel Comune di Torino (circa 680 mila mezzi, ndr), risulterebbe un dato intorno ai 54 mila casi di frodi. E’ un fenomeno estremamente preoccupante».
Di certo , a Torino le multe fatte dai vigili urbani ad automezzi privi di assicurazione o con polizza scaduta sono cresciute del 18,38 per cento in un anno. Erano infatti 2.339 nel 2011, sono divenute 2.769 nel 2012. Per il 2013 i dati sono ancora incompleti: quelle registrate sono risultate essere 2.344 e la tendenza, osservano dagli uffici comunali, sembra attestarsi sui numeri del 2012.
Donde la ragione della disparitá di trattamento sulla base del campanile?
giovedì 4 settembre 2014
mercoledì 3 settembre 2014
martedì 2 settembre 2014
Sapri, processo postumo a Ferdinando II di Borbone (Video)
Sapri venerdì 29 agosto processo postumo a Ferdinando II di Borbone, giudicato da una giuria popolare presieduta dal Prof. Alfonso Conte, Docente di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno. Le ragioni dell’accusa sono state fatte valere da Franco Maldonato che ha notificato i capi di imputazione a Pino Aprile, che ha sostenuto le ragioni della difesa del sovrano borbonico.
Il dibattimento è stato preceduto da una drammatizzazione in forma teatrale – per la regia di Gaetano Stella - del caso Carducci, l’imprenditore di Capaccio già protagonista della rivoluzione del gennaio ’48 e poi eletto alla Camera dei Deputati di Sua Maestà, trucidato in Acquafredda di Maratea per disposizione del prete Vincenzo Peluso, già consueto con la corte reale.
Nel corso del dibattimento ssono stati ascoltati come testimone dell’accusa il Prof. Cesare Pifano, Centro Studi “Carlo Pisacane” e Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico.
Circa 400 persone tra il pubblico presente.
Ecco i video:
ICT: la Calabria che sforna informatici da esportazione. Un caso?
Questa mattina ho trovato un interessantissimo articolo di Francesco Maria Pezzulli pubblicato ieri sulla rivista Economia e Politica. Partendo da alcuni spunti e suggestioni elaborate da Riccardo
Realfonzo sull'ultimo rapporto Istat, Pezzulli mette in evidenza le
profonde contraddizioni del Sud in cui la desertificazione industriale
produce comunque "manodopera qualificata" destinata alle aziende del
Centro Nord (continua)
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